Le attività a Bukavu

Dal 1997 è iniziata la collaborazione tra l’Oratorio di San Giacomo e la comunità de Les Amis de Don Beppe di Bukavu. Negli anni sono nati molti progetti, alcuni di aiuto umanitario e altri di sviluppo sostenibile

Sostegno alle donne violentate:
È stato il primo progetto per arginare la piaga dello stupro come strumento di guerriglia

 

Lotta alla malnutrizione:
Adozioni a distanza:
In seguito all’attività contro le violenze è nata l’esigenza di prendersi cura dei figli delle donne, spesso nati dalle violenze.

 

La scuola di Pietro:
È un complesso scolastico primario e secondario che offre istruzione gratuita a 320 bambini

 

IMF-Kitumaini:
È un istituto di microfinanziamento che supporta, con microprestiti e assistenza, migliaia di famiglie a Bukavu

 

Progetto agricolo cooperativo:
Impegna alcune donne vittime di violenza e diversi agricoltori agricoli nello sviluppo di un’agricoltura che sia da sostegno

Questi progetti continuano ad esistere grazie al lavoro dei volontari del Gruppo Missioni Imola-Bukavu dell’Oratorio di San Giacomo e al Centro Kitumaini, una ONG con sede a Bukavu guidata dal nostro referente principale Pierre Lokeka. Inoltre non bisogna dimenticare gli enti e istituzioni di Imola che hanno sostenuto il progetto in questi anni e gli amici congolesi del gruppo Les Amis de Don Beppe, che ogni giorno a Bukavu si impegnano per migliorare la vita delle persone meno fortunate.

Sostegno alle donne violentate

La situazione

In queste regioni devastate dalla guerriglia, lo stupro rappresenta un vero e proprio strumento di guerra per la conquista dei territori, attraverso la neutralizzazione della donna, che è fulcro e sostegno della famiglia e della struttura sociale dei villaggi. Donne di tutte le età, a volte ancora bambine, sono spesso bersaglio di terribili violenze. 

Le vittime raccontano di aggressioni subite nelle proprie case, nei campi, sui luoghi di lavoro da parte di singoli uomini, o gruppi di 5-6 individui, spesso armati. Alcune donne raccontano di come il marito sia stato costretto ad assistere alla violenza come atto di umiliazione. Ad aggravare la situazione per le donne contribuiscono l’ignoranza e convenzioni tribali: non di rado le donne che hanno subito violenza vengono considerate impure e allontanate dalla comunità, in stato di gravidanza con gravissimo rischio per la loro vita.

Cosa fa l’oratorio

Grazie alle iniziative di raccolta fondi realizzate nel territorio imolese, vengono finanziati un gruppo di operatori che offre supporto medico alle donne vittime di violenza, con cure e visite periodiche. Il supporto include un servizio gratuito di trasporto verso ospedali della zona. Tra questi vi è l’ospedale di Panzi dove opera il dottor Denis Mukwege (Premio Nobel per la Pace 2018). Il progetto ha giù aiutato, insieme ai loro bambini, migliaia di donne che, una volta guarite, hanno costituito associazioni per il reciproco sostegno psicologico, economico e sociale. Una volta riacquistate le forze, le donne riescono a riappropriarsi della propria dignità e hanno la possibilità di sostenersi economicamente lavorando nei campi. Il progetto prevede anche corsi di alfabetizzazione per gli adulti, che desiderano imparare a leggere e scrivere, corsi di avviamento professionale al cucito, alla produzione del pane e del sapone. Tutte queste attività ricostruiscono il tessuto sociale strappato in modo così barbaro dalla guerriglia costante.

Lotta alla malnutrizione

Il progetto contro la malnutrizione permette di somministrare a bambini con gravi problemi nutrizionale degli alimenti nutrienti che permettono loro di uscire dal pericolo di vita in circa 6 mesi.

Le finalità del progetto sono: la stabilizzazione fisica dei bambini nelle prime fasi della crescita e l’acquisizione della capacità di camminare, di mangiare autonomamente e di poter svolgere attività insieme agli altri bambini. A questo progetto si affiancano corsi di alfabetizzazione e formazione professionale per le mamme in modo da rendere le famiglie in grado di garantire ai figli un’alimentazione minima costante. I ragazzi congolesi che sostengono questo progetto si occupano di acquistare alimenti e stoviglie necessari per la preparazione e la somministrazione di cibo. Alcune delle mamme dei bambini si occupano della preparazione della “bouille”, una minestra composta da farina di sosoma (soia, sorgo e mais), zucchero, latte, olio e pane; la bouille viene somministrata in cicli di 6 mesi
Solitamente prendono parte a questi cicli circa 40 bambini. La maggior parte dei bambini che prende parte a questo progetto presentano gravi ritardi nella crescita: sono bambini di 4 o 5 anni delle dimensioni fisiche (altezza/peso) di bambini di 2 anni, si ammalano frequentemente e sono maggiormente predisposti alle infezioni, che spesso li conducono alla morte, se non si interviene in fretta.

Così, nonostante queste ricchezze, anzi si può dire proprio a causa di esse, le condizioni della popolazione locale sono di estrema povertà, a motivo della situazione politica e sociale di grande instabilità degli ultimi trent’anni. La città conta circa due milioni di abitanti che sono in gran parte costretti a vivere in catapecchie. Infatti in seguito alle guerre (dal 1996 al 2003) che hanno duramente colpito questa regione del Congo portando a milioni di morti, la popolazione sfollata delle zone rurali per sfuggire alle violenze delle bande armate ha trovato rifugio in città, mettendone a dura prova le infrastrutture. Le strade sono per la maggioranza in terra battuta e sono difficilmente percorribili a causa delle buche e del fango presente per la maggior parte dell’anno.
A causa dell’inefficienza del sistema amministrativo dell’intera nazione e delle continue tensioni politiche non sono presenti industrie o aziende locali, e mancano servizi essenziali accessibili a tutti, come ospedali e scuole. I cittadini hanno un tenore di vita molto basso e sopravvivono per mezzo di lavori saltuari. Questo è paradossale dal momento che la Repubblica Democratica del Congo è uno dei Paesi più ricchi al mondo per risorse minerarie; tuttavia il reddito pro-capite, pari a $800,8 è tra i più bassi al mondo e il 77% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà (dati relativi al 2016).